Jun 25, 2019 | Staff
Intervista a Ferdinando M. Ametrano
Presentiamo la terza puntata dell’intervista al nostro direttore Ferdinando M. Ametrano sul tema Bitcoin, con Nicole Vismara (manager di Deloitte Consulting). Le successive puntate verranno pubblicate con cadenza regolare ogni martedì e giovedì, in coda sono presenti i link alle puntate precedenti. Di seguito la trascrizione di questa puntata.
3 - Regolazione
[NV] Non sarebbe opportuno regolare Bitcoin?
[FA] Bitcoin è tecnologia nativamente permissionless: come il web, l’email ed i protocolli peer-to-peer sfugge ai tentativi di regolazione. “Regolare Bitcoin” suona velleitario: la natura di Bitcoin è indifferente alla regolazione tanto quanto lo sono le caratteristiche chimico-fisiche dell’oro. È invece necessario contrastare i criminali che utilizzassero Bitcoin, come si fa con quelli che usano l’oro, l’euro o le partecipazioni azionarie. Sono già regolati i punti di contatto tra Bitcoin e le monete a corso legale (le borse di scambio, i fornitori di servizi finanziari, ecc.): è inutile tentare di imporre ulteriori vincoli tecnicamente non praticabili o peggio ancora criminalizzarlo.
[NV] Bitcoin è entrato più volte nell’agenda del G20.
[FA] Ne è stato proposto un esame: un’attività mirata alla comprensione di un fenomeno finora frainteso nelle sue caratteristiche e ambizioni sarebbe effettivamente utile. Quanto a regolarlo: l’approccio non potrebbe che essere a livello globale, ma proprio per questo sarà difficile raggiungere un consenso chiaro ed univoco. Siamo di fronte a un cambiamento di paradigma culturale, non ad una semplice innovazione tecnologica: per questo molti dei criteri usuali sono inapplicabili. È più probabile che capiremo non per lucidità di analisi, ma per adattamento empirico e non senza scossoni controversi. Normare in maniera inopportuna o prematura sarebbe un grave errore perché rischia di soffocare innovazione e sviluppo.
[NV] Quindi evviva il far west, teniamo lo sceriffo lontano?
[FA] Come auspicato anche da Fabio Panetta, vicedirettore di Banca d’Italia, per Bitcoin “occorre innanzi tutto lavorare sull’informazione, illustrarne le caratteristiche e i rischi”. Oggi sono già coperti alcuni aspetti regolamentari e legislativi (esenzione IVA, normativa antiriciclaggio): si può proseguire su questa strada con la cautela opportuna per non fermare l’innovazione e necessaria in assenza di una comprensione reale della natura di Bitcoin. D’altronde se lo paragoniamo ancora alla mania per i tulipani, vuol dire che siamo distanti dall’aver messo a fuoco la vera novità che rappresenta. Cosa vorrebbe dire regolamentare Bitcoin? Proibirlo? Tassarlo?
[NV] Le preoccupazioni spaziano dal finanziamento del terrorismo al riciclaggio di denaro sporco. Per il Ministro delle Finanze francese Le Maire Bitcoin è una “risorsa speculativa che può dissimulare ogni tipo di attività illegale”.
[FA] Le preoccupazioni sono per ora grandemente esagerate: il Tesoro inglese in un rapporto dell’ottobre 2015 ha messo le valute virtuali (come amano chiamare Bitcoin ed affini) all’ultimo posto tra i rischi di riciclaggio. Al primo posto ci sono le banche, seguite da studi legali e contabili. L’Europol in un documento del 2016 ha dichiarato che non vi sono evidenze dell’uso di Bitcoin per il finanziamento al terrorismo. Inoltre, la trasparenza delle transazioni Bitcoin lascia scie elettroniche che facilitano il lavoro d’indagine rispetto al contante, ai diamanti o all’oro fisico. Ovviamente quanto più Bitcoin verrà riconosciuto ed accettato, tanto più verrà utilizzato anche dai criminali, i quali peraltro già usano dollari, euro, internet, telefonia cellulare ed aviazione senza che questo susciti scandalo o sorpresa.
[NV] Di certo Bitcoin viene usato nel dark web per acquisti illeciti e per i riscatti dei virus informatici.
[FA] È vero: i piccoli spacciatori online usano Bitcoin; il cartello colombiano della droga però preferisce ancora i dollari statunitensi. I riscatti per i virus informatici negli anni novanta si pagavano in dollari presso una casella postale o un conto panamense, oggi in Bitcoin perché Bitcoin… funziona! Gli usi patologici non possono però essere la chiave con cui si guarda ad un fenomeno nuovo e positivo. Vanno perseguiti i criminali, non demonizzati strumenti utili ed innovativi.
[NV] E se Bitcoin venisse dichiarato illegale?
[FA] Ci sono esempi di dispotismo simile: ad esempio, nel 1933 negli Stati Uniti il possesso dell’oro fisico venne reso illegale (Executive Order 6102). Faccio però notare che i Bitcoin sequestrati dalle forze dell’ordine sono stati messi all’asta dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, in molteplici occasioni. Quando si sequestra droga non la si mette all’asta perché illegale; le aste Bitcoin hanno quindi creato un precedente significativo in un ordinamento di common law: dichiarare illegale Bitcoin richiederebbe probabilmente un pronunciamento della Corte Suprema. E comunque conosciamo l’effetto del proibizionismo: che riguardi gli alcolici negli anni venti o la droga oggi, l’effetto è primariamente quello di aumentare il prezzo del bene proibito.
[NV] Il proibizionismo riguarda sostanze che si acquistano sul mercato nero per ricavarne un qualche, pur discutibile, piacere o vantaggio. Bitcoin si compra solo per speculazione.
[FA] Anche la speculazione finanziaria porta piacere e vantaggi, oltre che fornire il servizio di facilitare la scoperta del valore di un bene. Ma in maniera più sostanziale le rispondo sottolineando che Bitcoin si usa per contrastare il monopolio governativo della moneta ed innescare processi libertari di concorrenza di mercato: questo procura a molti piacere intellettuale e vantaggi in termini di libertà ed efficienza.
[NV] Di certo i governi prenderanno qualche iniziativa di contrasto.
[FA] Per un governo come per un hacker, è impossibile spegnere Bitcoin perché manca una sede centrale, un amministratore o un server da bloccare. È indubbio che i governi riserveranno a Bitcoin lo stesso ostracismo storicamente riservato all’oro fisico, non credo però convenga giungere ad un confronto frontale: come diceva Gandhi “prima ti ignorano, poi ti deridono, quindi ti combattono, infine hai vinto”. Bitcoin potrà avere effetti destabilizzanti e sistemici, ma se il legislatore ed il regolatore sapranno interpretare la sfida senza demonizzazioni, potrebbero essere adottati comportamenti virtuosi che farebbero bene all’economia.
[NV] Gli stati troveranno modo di fermare Bitcoin.
[FA] La natura decentralizzata e distribuita di Bitcoin rende praticamente impossibile modificare il protocollo o spegnere il network. Piuttosto credo si monterà una campagna di discredito dipingendo Bitcoin come pericoloso. Trovo probabile che, a fronte di incidenti gravi (finanziamento al terrorismo, relazioni con paesi sotto embargo) ci saranno multe altissime verso le banche che offrono servizi finanziari alle borse di scambio; di conseguenza le banche, nella loro discrezionalità, sceglieranno di non operare con le borse rendendo difficile la compravendita di Bitcoin per valute tradizionali. Ma in ogni caso sono strategie difficili da coordinare efficacemente a livello globale.
[NV] Bisognerà almeno tutelare i risparmiatori?
[FA] Non voglio maramaldeggiare ricordando i ricorrenti misfatti che avvengono sui mercati regolati, ma almeno evitiamo paternalismi: chi investe oggi in Bitcoin è culturalmente e tecnologicamente evoluto. È indubbio che alcuni siano attirati dalla prospettiva di facili guadagni, ma l’acquisto di Bitcoin ha oggi un tecnicismo che lo rende inaccessibile agli sprovveduti, costringe ad un livello di comprensione e consapevolezza superiore rispetto ad altri mercati.
[NV] Molti hanno comprato Bitcoin su piattaforme semplici da usare ma spesso di dubbia affidabilità, senza avere chiaro cosa sia e come funzioni Bitcoin e investendo capitali sproporzionati rispetto alle loro possibilità.
[FA] Non c’è modo di salvare gli investitori incoscienti da sé stessi: sapranno sempre trovare modi nuovi con cui farsi del male. Si può solo investire in informazione ed educazione sul tema. Quanto all’affidabilità delle piattaforme: nel 2017 è partita al Chicago Mercantile Exchange la contrattazione dei derivati (futures) su Bitcoin, mentre la compravendita del sottostante Bitcoin (spot) avviene ancora su borse di scambio che non sono istituzioni finanziarie vigilate. Le migliori borse ottemperano già alla normativa su antiriciclaggio, prevenzione del finanziamento al terrorismo e adeguata verifica: bisognerebbe incoraggiarne l’inclusione nel sistema finanziario, marginalizzando banditi e fuorilegge. Il mercato dei Bitcoin ha grande volatilità, anche a causa di volumi scambiati relativamente bassi che consentono ancora manipolazioni dei prezzi. Ci sono trader e speculatori che applicano tecniche inapplicabili o addirittura illegali sui mercati tradizionali. Se davvero si vuole difendere il risparmiatore, bisogna consentirgli una semplice e sicura operatività in Bitcoin.
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