Jun 17, 2019 | Staff
Intervista a Ferdinando M. Ametrano
Presentiamo la prima puntata di una lunga intervista al nostro direttore Ferdinando M. Ametrano sul tema Bitcoin. L’intervista, con Nicole Vismara (manager di Deloitte Consulting), è suddivisa in 11 puntate: le successive verranno pubblicate con cadenza regolare ogni martedì e giovedì. Di seguito la trascrizione di questa puntata.
1 - Oro digitale
[NV] Se ne discute molto, ma su Bitcoin la divisione è radicale, tra scettici che parlano di bolla ed entusiasti che descrivono una rivoluzione globale. Tra questi ultimi, Ferdinando M. Ametrano è uno degli esperti più controversi ed interessanti: fisico di formazione, per decenni si è occupato di derivati finanziari, fino al 2014 quando scopre Bitcoin; oggi dirige il Digital Gold Institute ed insegna “Bitcoin and Blockchain Technology” all’Università Milano-Bicocca ed al Politecnico di Milano. È stato Head of Blockchain and Virtual Currencies in Intesa Sanpaolo, membro del comitato organizzatore di Scaling Bitcoin (la principale conferenza annuale per gli sviluppatori della crittovaluta) e nel 2018 è intervenuto al primo seminario organizzato su Bitcoin all’ONU. Lo abbiamo intervistato, accendendo il riflettore sui molteplici aspetti di Bitcoin.
[NV] Ferdinando, partiamo dalle basi: cos’è Bitcoin?
[FA] È un bene digitale trasferibile ma non duplicabile, cioè “spendibile” una sola volta (a favore di Tizio) ma non due volte (a favore anche di Caio). Per la prima volta in ambito digitale questa caratteristica è intrinseca al protocollo informatico che definisce Bitcoin e non è garantita da una autorità o emittente, come capita invece con un titolo azionario o il saldo di un conto corrente. Inoltre Bitcoin è un bene scarso, limitato a 21 milioni: è l’emergere della scarsità in ambito digitale.
[NV] Cosa limita i Bitcoin a 21 milioni?
[FA] Le regole del protocollo informatico che definisce Bitcoin. Chiunque può cambiare queste regole e questo limite, ma nel farlo crea tecnicamente qualcosa di diverso rispetto a Bitcoin: si esclude quindi automaticamente dal network Bitcoin le cui regole sono quelle accettate dalla maggioranza degli utenti economicamente rilevanti. Chi possiede Bitcoin ha un incentivo economico a preservarne la scarsità e lottare contro manipolazioni inflazionarie, che per fortuna non possono in alcun modo essere imposte.
[NV] Perché la scarsità in ambito digitale dovrebbe essere rilevante?
[FA] Perché suggerisce un paragone con l’oro fisico. L’oro è l’unico materiale che luccica sempre perché non arrugginisce, allo stesso modo Bitcoin si distingue, “luccica”, in ambito digitale perché non può essere duplicato. Entrambi inoltre sono scarsi. Bitcoin, se dimostrerà di reggere alla sfida, potrebbe essere l’equivalente digitale dell’oro. Per questo acquisisce valore e permette interazioni economiche.
[NV] Abbiamo già l’oro fisico, perché dovrebbe interessare quello digitale?
[FA] Se consideriamo il ruolo dell’oro nella storia della civilizzazione, della moneta e della finanza, possiamo intuire che l’emergere del suo equivalente digitale, “liquido” come la musica ed i film che consumiamo oggi, potrà essere dirompente nell’attuale civilizzazione digitale e nel futuro della moneta e della finanza.
[NV] È difficile accettare che qualcosa senza valore intrinseco possa avere valore.
[FA] Nemmeno l’euro o il dollaro hanno valore intrinseco: dal 1971 nessuna valuta con corso legale è convertibile in oro. In realtà nulla ha davvero valore “intrinseco”: le cose hanno valore per gli utilizzi che possiamo farne e l’apprezzamento che ne deriverà in noi o negli altri. Per questo non ci sentiamo ridicoli ad andare in giro con quei foglietti di carta colorata nei nostri portafogli. E se proprio volessimo trovare un valore intrinseco nell’oro è il fatto che luccica (non si ossida) ed è scarso, esattamente come Bitcoin in ambito digitale.
[NV] Ma qui si tratta di una semplice sequenza alfanumerica digitale…
[FA] Oggi spediamo email invece di lettere cartacee, ascoltiamo mp3 invece di LP o CD, le foto le visualizziamo e non le stampiamo quasi più. Abbiamo imparato che il digitale non ha meno valore degli oggetti materiali.
[NV] Gli mp3 si ascoltano, le email si leggono, le foto si guardano. Con un Bitcoin cosa si può fare?
[FA] Si può scambiare con diverse migliaia dollari statunitensi o l’equivalente in bene e servizi.
[NV] Parli di oro, ma Bitcoin non è una moneta? La chiamano crittovaluta…
[FA] Anche l’oro fisico è stato usato a lungo come moneta, analogamente succede oggi con Bitcoin. A maggior ragione perché è uno straordinario mezzo di scambio: “leggerissimo”, trasferibile in maniera praticamente istantanea, con massima sicurezza e comodità, programmabile e divisibile in 100 milioni di puntate. Ma sebbene sia tecnicamente possibile, può non essere saggio pagare in Bitcoin: chi ha speso 10.000 Bitcoin per due pizze nel maggio 2010 non ha fatto una scelta ragionevole per il suo patrimonio. Una valuta è caratterizzata da una politica monetaria elastica, in cui l’offerta di moneta si adegua alla domanda, tentando di tenere stabile il potere di acquisto; nel caso di Bitcoin l’offerta è non solo deterministica, ma soprattutto completamente inelastica. Bitcoin è crypto-commodity più che crypto-currency, bene rifugio più che moneta transazionale.
[NV] Veramente sembra più speculazione selvaggia: il prezzo si muove con dinamiche da montagne russe, non da mercati finanziari…
[FA] Nel mercato la dinamica del prezzo origina dall’interazione tra acquirenti e venditori e rappresenta il processo di scoperta del valore: al suo debutto nel 1997 Amazon valeva $1.40, arrivò nel 1999 durante la bolla Internet a $113, per poi crollare a $5.51 nel 2001 con una perdita (peak-to-valley drawdown) del 95%; oggi vale più di $1400. Qual è la lezione? Quando ci sono dirompenti discontinuità di paradigma la scoperta del valore è un processo dinamico e complesso, con volatilità altissima.
[NV] Il business case di Amazon, pur innovativo, si comprendeva con categorie tradizionali: commercio tramite canale digitale. Bitcoin non si capisce esattamente cosa sia…
[FA] È l’equivalente digitale dell’oro! Ma a maggior ragione, siccome la novità di Bitcoin non è stata ancora compresa bene, non deve stupire se il prezzo di scambio oscilla violentemente. Inoltre essendo l’offerta di Bitcoin inelastica, insensibile alle variazioni di domanda, queste si scaricano sul prezzo senza attenuazioni. Il trend è comunque intrinsecamente deflattivo ed a crescita esponenziale: l’offerta è limitata, la domanda aumenta, il prezzo sale. Ovviamente è impossibile che un bene si rivaluti diverse migliaia di volte negli ultimi 7 anni senza rischi proporzionalmente elevatissimi: la massima perdita percentuale del prezzo (worst drawdown) è stata del 93%.
[NV] I banchieri centrali servono proprio a questo, a rendere stabile il valore di una moneta.
[FA] Dalla sua fondazione nel 1913 la Federal Reserve ha accompagnato il dollaro statunitense in un percorso di svalutazione che gli ha fatto perdere ad oggi il 98% del suo potere di acquisto. Secondo Milton Friedman “nessuna grande istituzione negli Stati Uniti ha registrato performance così mediocri per un periodo così lungo come la Federal Reserve, nonostante questo mantenendo un’alta reputazione pubblica”. In ogni caso Bitcoin non è moneta: la sua offerta non è governabile discrezionalmente, esattamente come l’oro. Non esiste per fortuna banchiere centrale o governante che possa per decreto aumentare la quantità di oro in circolazione.
[NV] Ma che valore può avere qualcosa che non ha emittente centrale e non è garantito da alcuna autorità?
[FA] La moneta non è davvero “garantita”, ma imposta dal corso legale: non la si può rifiutare come saldo di un debito, è pretesa nel pagamento delle tasse. Il suo valore deriva da questa costrizione e dalla forza di chi la impone: il dollaro, ad esempio, vale per la rilevanza geopolitica degli Stati Uniti. Bitcoin, invece, non si impone e vale soltanto per la fiducia che possiamo riporre nella sue basi matematiche e crittografiche nonché per l’ecosistema economico e culturale che ne discende. Le caratteristiche di Bitcoin possono generare una fiducia almeno pari a quella che accordiamo al banchiere centrale.
[NV] Il banchiere centrale ha una flessibilità operativa che la rigidità di un algoritmo non può avere.
[FA] Il banchiere centrale esercita in piena indipendenza la discrezionalità garantita al suo mandato, l’algoritmo matematico farà sempre ciò che è previsto, in maniera deterministica e non manipolabile. Ci possono essere giudizi diversi su quale approccio sia più utile in un determinato periodo storico, ma oggi è tecnicamente possibile anche il secondo: il cambio di paradigma dalla fiducia centralizzata a quella decentralizzata. È comunque opportuno ribadire ancora che Bitcoin va paragonato all’oro e non ad una valuta regolata da banca centrale: le sue garanzie di affidabilità ed immutabilità sono fornite da un intreccio di teoria economica, crittografia, teoria dei giochi e tecnologia, così come ci sono caratteristiche chimico-fisiche a garantire che l’oro non arrugginisca.
[NV] Per l’oro fisico valgono immutabili leggi di natura, l’oro digitale è un’invenzione di alcuni: non può essere altrettanto affidabile, di certo non è immutabile.
[FA] È “diversamente” affidabile. Tutti possono modificarlo, essendo codice open-source, ma così facendo creano un protocollo informatico alternativo e si escludono dal network esistente. Le uniche modifiche praticabili sono quelle che ottengono ampia approvazione, un consenso sostanzialmente unanime: la correzione di problemi esistenti, funzionalità più efficienti, ecc. La conferma empirica della sua affidabilità è che funziona da molti anni: si parla, sia in senso generico che strettamente tecnico, di consenso distribuito e “consensus money”. È poco intuitivo, ma la novità e la forza di Bitcoin sta proprio nell’allineamento sinergico di interessi ed incentivi che consentono la formazione del consenso all’interno dell’ecosistema.
[NV] Esiste una qualche forma di consenso e quindi di governance? Lo chiedo perché se c’è sembra anch’essa opaca ed elusiva…
[FA] Capisco la difficoltà a comprendere queste dinamiche, perché non siamo di fronte semplicemente ad una nuova tecnologia, ma ad un cambio di paradigma. La governance non è proceduralizzata e centralizzata, ma dinamica e distribuita tra diversi attori: sviluppatori, utilizzatori, investitori, nodi del network, aziende. Ognuno può tentare di orientare Bitcoin secondo le sue preferenze, ma tutti sono direttamente o indirettamente incentivati a preservare e far crescere il valore di Bitcoin. È un processo fluido e non governato in maniera impositiva: Bitcoin è di fatto il consenso attorno a cui si coagula la maggioranza degli attori economicamente significativi dell’ecosistema. Chi si colloca su posizioni minoritarie è marginalizzato e di conseguenza automaticamente penalizzato dal punto di vista economico.
[NV] Non si capisce, riusciresti a spiegare meglio questo concetto?
[FA] Proviamo a dire così, la scarsità dell’oro fisico è garantita da madre natura, quella digitale è puramente convenzionale, necessita del consenso degli attori interessati. Ma non si tratta di una convenzione fragile o velleitaria; piuttosto siamo di fronte ad una architettura che orienta gli incentivi economici di tutti gli attori coinvolti a vantaggio di immutabilità, incensurabilità e preservazione della scarsità. Adam Smith ci ha insegnato che non è dalla benevolenza del macellaio, del birraio o del panettiere che ci aspettiamo la cena, ma dalla cura che questi hanno per il loro interesse. In questo caso la cena è la sostenibilità dell’esperimento Bitcoin.
7: Privacy e futuro della moneta