Bitcoin: secondo DGI è tutt'altro che una bolla

Apr 17, 2021 | Staff

We Wealth

La sintesi puntuale del report 2021Q1 a cura di Laura Magna per We Wealth, influencer magazine del Wealth Management.

L’articolo “Bitcoin: secondo DGI è tutt’altro che una bolla” sintetizza gli aspetti evidenziati nella presentazione della nona edizione del report trimestrale su ecosistema Bitcoin, crypto-asset e blockchain curato da DGI, che si è svolta il 14 aprile.


Bitcoin: secondo DGI è tutt’altro che una bolla

Laura Magna, We Wealth

L’appuntamento trimestrale con il report del Digital Gold Institute arriva nel giorno del nuovo record storico di bitcoin sopra i 63mila dollari e della quotazione di Coinbase – il colosso della compravendita di cripto – su Nasdaq. Si tratta di una giornata che apre le porte a una nuova fase per tutto il mondo cripto.

Fondato nel 2018, il Digital Gold Institute (www.dgi.io) “è il principale think tank italiano dedicato al fenomeno bitcoin inteso come esperimento per la creazione della scarsità in ambito digitale – spiega Ferdinando Ametrano, direttore scientifico di Dgi e docente di Bitcoin and Blockchain Technology all’Università di Milano Bicocca – L’Istituto promuove queste tematiche nel dibattito pubblico e nel mondo accademico attraverso ricerca e sviluppo, formazione, consulenza operativa e strategica”. Dgi è membro fondatore, con l’Università Bicocca, del Crypto Asset Lab, la cui conferenza annuale è co-organizzata assieme alla direzione generale Joint Research Centre (JRC) della Commissione Europea.

L’anno si apre all’insegna di Nft, DeFi e Cbcd

“Il primo trimestre del bitcoin è trascorso tra nuovi record e l’ingresso dei principali player finanziari ed industriali statunitensi nell’arena di gioco”, dice Ametrano. Il settore è in movimento, tra esplosione dei token non fungibili (non-fungible token, Nft), finanza decentralizzata sugli scudi (decentralized finance, DeFi) e regolatori sempre più interessati a dare una sistematizzazione al fenomeno in vista del contante digitale di banca centrale (central bank digital currency, Cbdc). “Di Cbdc parlano tutti, dall’Inghilterra al Giappone, fino alla Lagarde che ha annunciato che entro un mese definirà la questione di una currency digitale che sarà resa reale in quattro anni, ere geologiche. Ma tutti seguono la Fed su questa linea e la Fed ha spiegato che l’idea di un dollaro digitale anonimo è fuori discussione”.

Ma perché un think tank che si occupa di bitcoin si chiama “digital gold” institute. “Il bitcoin è il tentativo di maggior successo di creare scarsità nel sistema digitale senza una terza parte – dice Ametrano – è l’equivalente digitale delloro, dirompente per la nostra civiltà digitale e per il futuro di soldi e finanza. E mira a diventare una riserva di valore”.

I minimi anno su anno sono in rialzo del 600%

Ma veniamo ai dati relativi al primo trimestre. La corsa del prezzo di bitcoin è sotto gli occhi di tutti: nell’ultimo quarter bitcoin è aumentato del 100% “in una cavalcata che sembra inarrestabile nel lungo termine, certamente con grande volatilità che però non deve spaventare perché associata alla messa a fuoco di un prodotto controverso come l’oro digitale mentre ancora cerca la sua affermazione”. E, contro il sospetto che possa trattarsi di bolla, Ametrano porta un altro dato: “se guardiamo i minimi per anno, apprendiamo molto sulla dinamica delle quotazioni e ci convinciamo che il trend è di solida crescita: i minimi sono in crescita inesorabile, nel 2021 parliamo di 30mila dollari, ovvero +561% rispetto al minimo dell’anno precedente. Le performance degli altri cripto asset hanno premiato Ether e Xrp, ma se ci allarghiamo all’ultimo anno Ether è l’unico a sovraperformato bitcoin; invece in qualunque orizzonte più ampio nessuno riesce a tenere il passo di bitcoin”.

Nessuna correlazione con equity, bond e materie prime Tutti i criptoasset, avverte Ametrano, sono correlati con bitcoin, quindi non danno un beneficio di diversificazione reale, “tanto che il nostro cripto index sviluppato con l’Università Bicocca, segue moltissimo il grafico di bitcoin, che d’altronde pesa per i tre quarti di tutti i volumi scambiati”. Invece le correlazioni dei criptoasset con gli altri asset tradizionali restano bassissime. Di fatto, “le correlazioni tra cripto asset con commodity, equity e bond sono trascurabili. Se adottiamo una rolling window di tre anni, notiamo che le correlazioni sono marginalmente aumentate con lo scoppio della crisi Covid che ha portato dal 12 marzo 2020 a un crollo generalizzato dei mercati e poi una dinamica di risalita lenta e costante, ma restano in media basse. Con un anno di rolling window, cioè escludendo il momento di picco della crisi Covid, le correlazioni sono infatti di nuovo vicine allo zero”.

E la volatilità? La stessa di Tesla e Apple

Ametrano ritiene sia irragionevole lo storytelling che accosta le performance della cripto con oro ed S&P500, il principale indice della Borsa americana su una rolling window di tre mesi: “su orizzonti così brevi la correlazione cambia tanto e dunque non è affidabile, ma semplicemente perché la correlazione media è nulla – dice il professore – piuttosto è più sensata la comparazione con i cinque best performing asset azionari, ovvero Tesla, Amazon, Apple e Netflix: ebbene bitcoin li ha sovraperformati tutti con volatilità comparabile. Il mercato non è solo mercato spot, ma anche future regolamentati sul Chicago mercantile exchange, con un trend di crescita inarrestabile anche qui. E in arrivo, il 3 maggio, c’è il micro-future per consentire anche al retail di prendere posizione sui derivati. Anche i volumi delle opzioni crescono a ritmo forsennato”. Ma la crescita di bitcoin non si esprime solo attraverso i numeri di prezzi e volumi. Ci sono una serie di notizie che rendono l’ecosistema sempre più solido e importante. La quotazione di Coinbase innanzitutto che ieri ha aperto oltre i 380 dollari (e ha chiuso però la seduta in ritracciamento a 328, nonostante l’hype e probabilmente per le prese di profitto da parte delle balene). La valorizzazione complessiva della società è di 100 miliardi di dollari. Sulla scia di questo direct listing anche Kraken ha annunciato che punta alla borsa con valutazione di 10 miliardi di dollari. Non ci sono solo buone notizia: Ametrano cita le accuse a Bitfinex, l’emittente di tether, di non avere le riserve in dollari che dichiara e un’altra piattaforma, Binance, è nell’occhio del ciclone, per aver attuato pratiche borderline.

Il movimento dell’industria finanziaria e non

Ancora, Grayscale, un trust su cui gli investitori puntavano per comprare bitcoin in un dossier titoli pagando un premio è diventato per la prima volta negativo. “Il che ha portato la società a progettare di trasformare il trust in etf. Nell’anno in cui l’etf sembra inevitabile. In Canada il primo etf su bitcoin è stato lanciato il 12 febbraio sa Purpose Investment e nel primo giorno ha raccolto 165 milioni (oggi la raccolta ha superato il miliardo). Fidelity, Arca, WisdomTree stanno tutte lavorando al proprio etf”.

Tutta l’industria dell’asset management d’altronde guarda a bitcoin sempre più come una asset class con un potenziale: così JpMorgan la sdogana per la clientela wealth come diversificatore di portafoglio e lancia un basket di aziende con esposizione alle criptovalute; Goldman Sachs sta progettando prodotti, sempre per i clienti wealth, e il rilancio del progetto di un desk per fare trading sulle criptovalute.

“Ancora, Morgan Stanley ha autorizzato i fondi ad allocare in bitcoin fino al 25% dei capitale in asset under management e Blackrock ha iniziato a fare trading di bitcoin – spiega Ametrano – non solo, ci sono round significativi sul fronte del vc: per esempio i 350 milioni di dollari in BlockFi, i 305 in Dopper Labs e i 300 milioni in Blockchain.com”.

E infine il fronte industriale. Microstrategy, che ha triplicato a sei miliardi di dollari il suo investimento in bitcoin di due miliardi, peraltro maggiorie di quello da 1,5 miliardi di Tesla, solo per citarne alcuni.

“Ci sono sistemi di custody in divenire promossi in particolare da due soggetti molto diversi tra loro, come PayPal e Bny Mellon”, conclude Ametrano. “La locomotiva di bitcoin si tira dietro un ecosistema industriale, non solo tutta la pletora di monete che creano confusione e polvere, ma colossi di settori tradizionali e in maniera trasversale”. Tanto che anche il regolatore se ne interessa, “in particolare di Taft-Gafi che ha rimesso in gioco lo spettro della travel rule che è un tema per tutto l’ecosistema industriale bitcoin. Spesso il tentativo di trasmigrare sic et simpliciter le norme in uso nella finanza al bitcoin si rileva fallimentare. Esma ha lanciato l’allarme sulla pericolosità degli investimenti ma non è la prima volta e come unico risultato di far perdere un treno storico a chi la ascoltata. E nel futuro, infine, c’è MiCa, il nuovo regolamento europeo su bitcoin”. Che ci si auguri non tarpi le ali o, peggio, non tenti di appropriarsi, di un mood che in fondo è nato in contrasto e per protesta rispetto alla finanza tradizionale.

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